2 note : Da "Rane Supreme" (1987) brano di Giorgio Calabrese e Thoty. Arrangiamento di Paolo Gianolio. Tutte le foto sono state elaborate da Dario Mina Fan 51. I fotomontaggi sono di Dario Mina Fan 51 (Dario Liguori).
Così scriveva Gino Castaldo a commento dell'album:
"Per quanto ancora si ripeterà? Quanto andrà avanti questo copione che ormai si ripete da tempo immemore? Puntualmente, ogni anno, mese più mese meno, Mina esce dal suo dorato e silenzioso ritiro svizzero per regalare agli italiani un disco doppio, strutturato secondo una formula immutabile: un disco di vecchi successi e uno di canzoni nuove. Perfino le copertine seguono un cliché.
Una volta stabilito che dovevano essere, a contrasto con i contenuti, piuttosto sorprendenti, e anche ironiche nei confronti del fatto che nessuno ha più visto Mina da quel fatale ultimo concerto alla Bussola nel 1978, hanno riproposto la faccia di Mina nascosta, arabescata, vampiresca, poi una volta perfino con la barba. Il nuovo capitolo che esce in questi giorni non fa eccezione. Si intitola "Rane supreme" e con abile fotomontaggio mostra in copertina la testa di Mina innestata su un nerboruto corpo maschile, con marcati segni di body-building. Il disco, come di consueto, si apre con la parte dedicata ai vecchi successi, come al solito scelti ad ampio raggio nei più disparati settori della canzone. A mettere insieme tutti i dischi di Mina, si avrebbe ormai un elenco enorme, interminabile, di pezzi reinterpretati (possiamo parlare di diverse centinaia), ma anche qui non è dato sapere se la cantante ha in mente una sorta di Enciclopedia Universale della canzone, o se procede di volta in volta su scelte casuali. Certo è che, con una punta di malizia, sceglie i brani con criteri lunatici, assai bizzarri, così come in questo caso, in cui accosta un pezzo di George Michael, Careless whisper, a Scrivimi, che fu un successo di Luciano Tajoli, un pezzo minore della coppia Mogol-Battisti come Nessun dolore a curiose rivisitazioni di black music come My cherie amour di Stevie Wonder o You make me feel brand new degli Stylistics. Cercare un criterio preciso sarebbe assai arduo. Casomai si può intravedere il gioco della riscoperta vezzosa, della memoria stuzzicata da libere associazioni e, perché no, anche una sottile vena provocatoria, un gusto snobistico del privilegio dell' interpretazione sul materiale, quasi Mina tenesse a dimostrare che qualsiasi cosa, cantata bene, può diventare importante. Il secondo disco, anch'esso ormai rituale, presenta le canzoni nuove, quest' anno più che negli anni passati selezionate attraverso un vero e proprio tam tam che ha messo in agitazione per mesi tutto l' ambiente dei compositori di canzoni. Mina chiedeva nuove canzoni, per avere il meglio, senza pregiudizi sulla provenienza. Si parla di circa duemila cassette pervenute a Lugano, ma questo sorprendente concorso non deve aver soddisfatto del tutto lo staff della cantante e in particolare suo figlio Massimiliano Pani, che sempre di più sembra il vero artefice di queste operazioni, firmando molti arrangiamenti e qualche canzone. Nonostante questa massa di nuove canzoni proposte con entusiasmo da tutt' Italia, la maggior parte sono firmate dallo stesso Pani, da Lele Cerri, Carlo Pes, Giorgio Calabrese, che non sono nuovi alle collaborazioni con Mina, o da coppie collaudatissime come Avogadro-Radius o Colonnello-Albertelli. In questa sezione, Mina gioca allegramente tutte le carte del suo trasformismo (da qui forse la copertina così ambigua?), passando da toni scanzonati e ironici (Ma chi è quello lì) a toni più drammatici e intensi, vedi soprattutto la stupenda bossa nuova Per avere te, firmata Calabrese e Pes, che ci ricorda la migliore Mina dei tempi andati quando i suoi dischi lasciavano il segno con maggiore incisività sui tempi. Perché questo è il rischio che corrono questi nuovi album, sempre ben fatti, preziosi, cantati straordinariamente da una voce che tutto può permettersi, ma forse fabbricati con una punta di leggerezza, ammalati della eccessiva sicurezza di chi può restare fuori della bagarre senza mai compromettersi, e senza per questo perdere quotazioni presso il mercato. Forse è vero che un disco di Mina si compra a scatola chiusa, ma non si può evitare di provare una certa nostalgia per momenti in cui la cantante aveva la voglia e la forza di dire qualcosa di più sulla canzone italiana. Perchè Mina non esce dal suo isolamento per fare quello che tutti si aspettano da lei, cioè il massimo?"
Così scriveva Gino Castaldo a commento dell'album:
"Per quanto ancora si ripeterà? Quanto andrà avanti questo copione che ormai si ripete da tempo immemore? Puntualmente, ogni anno, mese più mese meno, Mina esce dal suo dorato e silenzioso ritiro svizzero per regalare agli italiani un disco doppio, strutturato secondo una formula immutabile: un disco di vecchi successi e uno di canzoni nuove. Perfino le copertine seguono un cliché.
Una volta stabilito che dovevano essere, a contrasto con i contenuti, piuttosto sorprendenti, e anche ironiche nei confronti del fatto che nessuno ha più visto Mina da quel fatale ultimo concerto alla Bussola nel 1978, hanno riproposto la faccia di Mina nascosta, arabescata, vampiresca, poi una volta perfino con la barba. Il nuovo capitolo che esce in questi giorni non fa eccezione. Si intitola "Rane supreme" e con abile fotomontaggio mostra in copertina la testa di Mina innestata su un nerboruto corpo maschile, con marcati segni di body-building. Il disco, come di consueto, si apre con la parte dedicata ai vecchi successi, come al solito scelti ad ampio raggio nei più disparati settori della canzone. A mettere insieme tutti i dischi di Mina, si avrebbe ormai un elenco enorme, interminabile, di pezzi reinterpretati (possiamo parlare di diverse centinaia), ma anche qui non è dato sapere se la cantante ha in mente una sorta di Enciclopedia Universale della canzone, o se procede di volta in volta su scelte casuali. Certo è che, con una punta di malizia, sceglie i brani con criteri lunatici, assai bizzarri, così come in questo caso, in cui accosta un pezzo di George Michael, Careless whisper, a Scrivimi, che fu un successo di Luciano Tajoli, un pezzo minore della coppia Mogol-Battisti come Nessun dolore a curiose rivisitazioni di black music come My cherie amour di Stevie Wonder o You make me feel brand new degli Stylistics. Cercare un criterio preciso sarebbe assai arduo. Casomai si può intravedere il gioco della riscoperta vezzosa, della memoria stuzzicata da libere associazioni e, perché no, anche una sottile vena provocatoria, un gusto snobistico del privilegio dell' interpretazione sul materiale, quasi Mina tenesse a dimostrare che qualsiasi cosa, cantata bene, può diventare importante. Il secondo disco, anch'esso ormai rituale, presenta le canzoni nuove, quest' anno più che negli anni passati selezionate attraverso un vero e proprio tam tam che ha messo in agitazione per mesi tutto l' ambiente dei compositori di canzoni. Mina chiedeva nuove canzoni, per avere il meglio, senza pregiudizi sulla provenienza. Si parla di circa duemila cassette pervenute a Lugano, ma questo sorprendente concorso non deve aver soddisfatto del tutto lo staff della cantante e in particolare suo figlio Massimiliano Pani, che sempre di più sembra il vero artefice di queste operazioni, firmando molti arrangiamenti e qualche canzone. Nonostante questa massa di nuove canzoni proposte con entusiasmo da tutt' Italia, la maggior parte sono firmate dallo stesso Pani, da Lele Cerri, Carlo Pes, Giorgio Calabrese, che non sono nuovi alle collaborazioni con Mina, o da coppie collaudatissime come Avogadro-Radius o Colonnello-Albertelli. In questa sezione, Mina gioca allegramente tutte le carte del suo trasformismo (da qui forse la copertina così ambigua?), passando da toni scanzonati e ironici (Ma chi è quello lì) a toni più drammatici e intensi, vedi soprattutto la stupenda bossa nuova Per avere te, firmata Calabrese e Pes, che ci ricorda la migliore Mina dei tempi andati quando i suoi dischi lasciavano il segno con maggiore incisività sui tempi. Perché questo è il rischio che corrono questi nuovi album, sempre ben fatti, preziosi, cantati straordinariamente da una voce che tutto può permettersi, ma forse fabbricati con una punta di leggerezza, ammalati della eccessiva sicurezza di chi può restare fuori della bagarre senza mai compromettersi, e senza per questo perdere quotazioni presso il mercato. Forse è vero che un disco di Mina si compra a scatola chiusa, ma non si può evitare di provare una certa nostalgia per momenti in cui la cantante aveva la voglia e la forza di dire qualcosa di più sulla canzone italiana. Perchè Mina non esce dal suo isolamento per fare quello che tutti si aspettano da lei, cioè il massimo?"
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- POP
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